Conoscete il gioco della morra? No, non quella cinese (forbici, sasso e carta) ma quella giocata con i numeri. Si tratta di un gioco antichissimo, di cui si ha traccia a partire dall’antico Egitto e che ebbe grande diffusione in Italia già dai tempi dell’impero romano tanto che, per definire un uomo onesto, gli antichi romani usavano dire: “una persona con cui si potrebbe giocare a morra al buio”.
Proibita nei luoghi pubblici a partire dal ventennio, a causa delle scommesse effettuate durante il gioco e per i finali delle partite in cui, spesso, si passava alle vie di fatto, la morra è sopravvissuta e viene ancora giocata nella nostra penisola, dove è diffusa in maniera del tutto trasversale annoverando, tra i più accaniti giocatori, sardi e friulani.
Il lavoro in mostra, di Alessia Parisse e Fabrizio Bagnoli con la curatela di Fabio Moscatelli, è stato realizzato nel corso di undici anni e documenta il gioco così com’è praticato nel piccolo paese di San Biase, in Molise, dove la morra è stata ed è giocata con continuità in particolari ricorrenze, come la festa del santo patrono, con l’autorizzazione delle autorità locali amministrative e religiose, permettendo così la prosecuzione della tradizione e coinvolgendo, accanto ai vecchi giocatori, anche le generazioni più giovani.
Strategia, intuito, velocità di calcolo e di ragionamento, intimidazione, teatralità e finezze psicologiche convivono nella morra con risultati coinvolgenti e spesso esilaranti, spesso aiutati dal generoso consumo di vino e, in estate, birra; si gioca in coppia stendendo contemporaneamente le dita di una mano e gridando un numero: a vincere il turno sarà chi avrà pronunciato la cifra corrispondente alla somma data dalle mani stese dai due contendenti.
Una delle peculiarità del gioco è che il numero proferito venga declinato in modi alternativi come, per esempio, “un’ p’ du’” (tradotto letteralmente dal dialetto sanbiasese, “uno per due” o, meglio, “uno per ciascuno”, ad indicare il numero due) che è anche il titolo della mostra; in questo caso, oltre a significare una chiamata tipica della morra, il titolo vuole anche simboleggiare l’unione di due diverse visioni fotografiche che si fondono per restituire una visione complessiva il più possibile aderente alle emozioni che le partite riescono a suscitare tra chi gioca e chi assiste.
La mostra aprirà per l’inaugurazione sabato 21 alle 18.30 e, successivamente, sarà visitabile dal mercoledì al sabato (giorni festivi esclusi), dalle 17.30 alle 19.30, fino a lunedì 6 gennaio, in cui sarà prevista un’apertura straordinaria, ingresso rigorosamente libero e gratuito.